11 Dic Parlare delle Costellazioni Familiari
PARLARE DELLE COSTELLAZIONI FAMILIARI
Se, quanto e quando parlare delle costellazioni familiari che si sono fatte è un tema sempre più sentito e che negli ultimi anni sta ingenerando un po’ di confusione.
Si sente dire un po’ di tutto ed è normale perché le costellazioni si stanno sempre più diffondendo e questo può condurre anche ad aspetti di confusione. Come ad esempio indicazioni, fraintendimenti e stravolgimenti che il passaparola e, a volte, la presenza di costellatori non adeguatamente formati possono portare con sé.
Questo articolo nasce proprio in risposta alle molteplici domande che mi sono state fatte e a ciò che negli anni è stato riportato su questo, per aiutare a fare chiarezza e a mettere ordine anche in questo particolare aspetto riguardante le costellazioni.
Nei suoi tratti essenziali viene fatto riferimento a ciò che lo stesso Bert Hellinger, il padre delle costellazioni, insieme alla moglie Sophie e ai docenti della loro scuola mi hanno insegnato riguardo al parlare delle costellazioni familiari che abbiamo fatto.
E questo sia che si tratti di costellazioni individuali oppure di gruppo.
Quando tenere e quando parlare delle costellazioni familiari
Innanzitutto è bene chiarire che il parlare o meno di una propria costellazione non ha nulla a che fare con il dover nascondere qualcosa. Ciò che accade in una costellazione familiare non è mai un mistero né un segreto da tacere. E, sotto questo aspetto, qualsiasi proprio vissuto può essere tranquillamente condiviso sempre.
Perché è tutt’altro il livello cui appartiene la domanda se è meglio parlarne o tacere.
E riguarda invece il movimento interiore che la costellazione stessa ha avviato e a cui deve essere lasciato un giusto tempo affinché possa continuare ad amplificarsi, a fare ordine dentro e fuori di noi e qualcosa di nuovo possa manifestarsi nella nostra vita.
La stessa rappresentazione della costellazione si conclude nel momento in cui ha raggiunto il massimo del suo potenziale e questo proprio per poi lasciare che nei giorni, settimane, a volte mesi successivi possa continuare a manifestare questo suo movimento dentro di noi.
E non è mai possibile sapere a priori quanto tempo ci vorrà per questo, se l’effetto sarà immediatamente visibile nella propria vita o se porterà ad altre consapevolezze e passaggi successivi prima di concludere il suo movimento.
Ad esempio mi è capitato di aprire una costellazione per una persona che da un anno non riusciva a trovare lavoro e la settimana successiva si è vista offrire un lavoro a tempo indeterminato.
Altre volte mi è capitato di vedere chiudersi il cerchio di una costellazione dopo alcuni mesi.
Ecco, in questo senso sarebbe auspicabile non parlare delle costellazioni familiari che si sono fatte fino a che non si riesce a sentire che il loro benefico effetto è giunto a pieno compimento.
Questo al solo fine di evitare di disperdere il loro potenziale e la loro forza.
Perché continuare a pensarci, crearsi aspettative, parlare del vissuto della propria costellazione ad altri rischia di disperderne parte del potenziale e se questo accade è davvero un peccato!
Un’indicazione generale, presente anche alla scuola di Bert Hellinger, era di evitare di parlarne per almeno un mese. Osando un po’ di più, credo che un’indicazione forse ancora più consona possa essere di non parlarne fino a che non si sente più il desiderio o il bisogno di farlo. Perché quando non sentiamo più il bisogno di parlarne è segno che abbiamo ormai elaborato dentro di noi quanto ci ha mostrato e dunque verosimilmente lasciato alla costellazione il suo giusto spazio di compimento.
Allo stesso tempo questo invito rappresenta un’occasione per poter esercitare il nostro imparare a tenere per noi. Questo riguarda non più o non solo il quando poter parlare di una costellazione ma apre il contesto del quanto.
Quanto è giusto dire di una costellazione o di altro che ci riguarda.
Viviamo in un contesto sociale in cui sempre più la nostra vita e spesso anche la nostra intimità vengono condivise e non solo con le persone più vicine ma pubblicamente sui social.
Ma ci sono cose che dovremmo tenere solo per noi e mai rendere pubbliche perché solo così le rispettiamo e ne preserviamo il valore che hanno per noi.
Anche in questo senso imparare o cominciare a reimparare a tenere per noi può avere inizio dalla scelta di non condividere immediatamente ciò che abbiamo vissuto con una nostra costellazione.
E forse la possibilità di non parlarne fino a che non si sente più il desiderio o il bisogno di farlo può rappresentare un buon esercizio interiore per imparare sempre più a scindere ciò che è giusto prezioso e bello condividere con gli altri da ciò che invece va vissuto preservato e custodito dentro il nostro cuore.
La regola dei 21 giorni
Sempre più diffusa pare l’indicazione che di una costellazione non si debba parlare per 21 giorni, poi diventi invece possibile farlo.
In realtà la regola dei 21 giorni si trova spesso nel mondo del coaching e della crescita personale in generale. Ed il contesto in cui è collocata riguarda il tempo necessario per acquisire una nuova abitudine. Si dice che quando si vuole introdurre una nuova abitudine nella propria vita bisogna ripetere ciò che si vuole diventi abitudine per 21 giorni di seguito, che questo sia il tempo che ci vuole al nostro cervello per consolidare un nuovo comportamento.
Può riguardare ad esempio il decidere di cominciare a meditare quotidianamente, o di alzarsi prima al mattino o di leggere almeno 10 pagine di un libro ogni giorno. Questa regola dice che farlo ogni giorno per 21 giorni faccia si che poi si continuerà a poterlo fare senza più alcuno sforzo.
A prescindere dalla validità o meno di questa regola, ciò che conta ai fini di questo articolo è che tutto questo non ha e non può avere comunque nulla a che fare con il mondo delle costellazioni.
Perché una costellazione non è una nuova abitudine in cui siamo impegnati in prima persona.
Perché una costellazione porta a manifestazione un movimento animico e spirituale che, se non interrotto da eccessive interferenze, pensieri, tentativi di analisi, spiegazioni e condivisioni, prosegue e si amplifica per tutto il tempo utile e necessario.
Un tempo certamente non misurabile a priori e a tavolino.
Un tempo dell’anima.
E la nostra anima ha i suoi tempi ben diversi dai numeri e dai tempi della ragione.
Dunque se per qualsiasi ragione eravamo fedeli a questa regola collegata alle costellazioni familiari, possiamo tranquillamente darci il permesso di lasciarla andare.
Quanto parlare delle costellazioni familiari altrui
In questo caso stiamo parlando solo delle costellazioni di gruppo, non più anche di quelle individuali.
Nelle costellazioni degli altri siamo usualmente meno coinvolti rispetto a quelle che richiediamo per noi stessi. Di conseguenza anche nel parlarne e condividerle vi è un coinvolgimento molto diverso che non comporta lo stesso rischio di interferire sul movimento interiore in atto dopo una propria costellazione.
Ciò non toglie che stiamo comunque parlando di qualcosa di delicato, importante e sacro. In generale e soprattutto per la persona che ha fatto la propria costellazione e per tutto ciò che ne è stato coinvolto. Di questo dovremmo sempre continuare a tenere conto anche quando l’evento si è concluso e magari vogliamo condividere qualcosa con qualcuno.
Ed allora in una eventuale condivisione potrebbe aver senso porre particolare attenzione alla delicatezza ed al rispetto con cui questo avviene. Ad esempio:
- parlando solo dei contenuti senza nominare le persone interessate
- condividendo l’essenziale senza aggiungere giudizi o considerazioni che possano svilire
- ponendo l’attenzione sul valore aggiunto che questa condivisione porta a noi stessi e può portare alla persona con cui ne stiamo parlando.
Così entriamo nel campo del come piuttosto che del cosa o quando o quanto.
Un campo non meno importante al quale merita porre sempre più attenzione.
Perché ci fa tanto bene.
Perché fa bene anche agli altri, presenti o assenti che siano.
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